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Anonymous: il melting pot dell’hacktivismo. Un’intervista con Gabriella Coleman

gabriellacolemanStudiosa di fama internazionale e docente alla McGill University di Montreal, Gabriella Coleman è una profonda conoscitrice di Anonymous, il movimento hacktivista autore di alcuni dei più spettacolari attacchi informatici condotti negli ultimi anni contro istituzioni, governi e multinazionali di tutto il pianeta. Antropologa per formazione, la giovane professoressa statunitense ha seguito l’evoluzione del fenomeno sin dalle sue origini e ha raccolto il materiale prodotto in anni di studi nel volume Hacker, Hoaxer, Whistleblower, Spy: the many faces of Anonymous, in uscita in questi giorni per Verso. L’ho incontrata a Londra, in occasione della presentazione del libro.

L’azione diretta digitale e il supporto di alcuni gruppi hacker a favore dei movimenti sociali non sono certo una novità. Eppure Anonymous rispetto ad altre esperienze passate ha avuto un effetto dirompente, tanto da essere stato definito nel 2011 come un nuovo attore sullo scenario globale. Quali pensi siano le differenze che intercorrono tra le vecchie forme di hacktivism e quelle messe in campo da Anon?

Ci sono diversi motivi per cui Anonymous è profondamente diverso dalle esperienze storiche di hacking che lo hanno preceduto. Le prime forme di azione diretta digitale infatti erano messe in atto da collettivi ben definiti, orientati a sinistra, in un certo senso avanguardisti e fondati su una reciproca fiducia tra membri di gruppi che si conoscevano personalmente. Continua a leggere

Intervista a Claudio ‘Nex’ Guarnieri

Quest’intervista e’ stata realizzata a margine di Hackmeeting 2014, l’incontro delle controculture digitali italiane, svoltosi presso il centro sociale XM24 di Bologna il 27/28/29 giugno. Una sua versione ridotta e’ stata inizialmente pubblicata sul manifesto mentre la versione estesa e’ stata pubblicata in un secondo momento su Cavallette (12) il blog di Autistici/Inventati. Buona lettura.

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E’ apparsa sul Manifesto di qualche settimana fa un’intervista a Nex, un ricercatore del progetto citizenlab.org. Qui di seguito c’e’ la versione completa della chiaccherata rivista dall’autore dell’articolo (ctrlplus.noblogs.org, twitter.com/ctrlplus_) per cavallette.

Secondo noi e’ interessante per due motivi:

  1. Delinea una visione critica del mondo della sicurezza informatica visto dall’interno.
  2. Citizenlab fa un gran lavoro sui malware come strumento di controllo, spesso rivolto nei confronti di attivisti politici.

In Italia si sta tentando di inserirli nella legislazione come “Captatori Informatici” (un termine che rimanda agli “Elaboratori Computazionali” e ai tecnici in camice bianco…), perche’ malware, backdoor, trojan suonavano evidentemente male. Continua a leggere

Ritratto di un cacciatore di malware

nexA prima vista Nex sembra un ragazzo come tanti. Taglio di capelli alla moda, un paio di sneakers sgualcite ai piedi e in tasca uno smartphone che estrae di tanto in tanto per controllare la mail. Ci incontriamo un pomeriggio di luglio a Bologna in un bar che si affaccia su piazza Verdi, nel cuore della zona universitaria. Sono passate poche ore dalla fine di Hackmeeting 2014 – il raduno delle controculture digitali, tenutosi presso il centro sociale XM24 – e i muri dei portici circostanti sono ancora tappezzati delle locandine pubblicitarie dell’evento.

Anche Nex vi ha preso parte, con un talk che ha fatto il tutto esaurito: nel buio della sala, spezzato soltanto da un fascio di luce irradiato da un proiettore, 150 persone si sono accalcate per ascoltare in religioso silenzio i suoi “racconti di sorveglianza digitale”. Due ore densissime, in cui l’hacker ha snocciolato gli episodi più significativi relativi agli ultimi due anni della sua vita. Anni vissuti pericolosamente, in prima linea contro l’industria del malware, ovvero contro quelle aziende private (come la tedesca Gamma International o l’italiana Hacking Team) che producono virus, spyware e software malevoli in grado di infettare qualsiasi dispositivo digitale – dagli smartphone ai personal computer – e metterne sotto controllo le comunicazioni. Una merce, com’è facile immaginare, richiestissima da polizie e servizi segreti di tutto il mondo, interessate a monitorare passo passo le attività di militanti politici e giornalisti non allineati. Continua a leggere